07 Mag Francesca C. – Consulente e Formatrice
Quello che mi appassiona di più del mio lavoro è la relazione con le persone, sia in aula sia tra colleghi.
Come credo tutte le persone che fanno il mio mestiere, ho iniziato questo periodo di quarantena piena di dubbi e preoccupazioni sulle sue inevitabili evoluzioni.
La mia paura principale era proprio quella della sostituzione delle occasioni di incontro reale con occasioni di incontro digitali.
Ritenevo che un mezzo di comunicazione freddo e impersonale avrebbe reso praticamente impossibile entrare davvero in contatto con le persone dall’altra parte dello schermo.
Da subito tra colleghi abbiamo sentito l’esigenza di vederci per discutere sia di lavoro sia di emozioni.
E allora vai di meeting virtuali. Di esperimenti di condivisione documenti, sfondi alternativi e chat scherzose alternate a quelle ufficiali del relatore della riunione.
E la piacevole scoperta che, in fondo, contrariamente a tutte le mie più tristi aspettative, questa cosa di vedersi a distanza funziona.
È tutto un po’ più lento (e chi dice che sia per forza sbagliato) e serve darsi regole per interagire in modo corretto (che a volte, negli incontri in presenza, davamo per scontate o dimenticavamo).
Però funziona!
Quando è arrivata la chiamata ufficiale – condurre dei webinar da fare per un cliente – un po’ mi è sembrato di tornare ai tempi dell’università il giorno dell’esame. Ma forte della consapevolezza acquisita, ho messo a punto pratiche per permettere a tutti i partecipanti di interagire e di esprimere il proprio punto di vista in un’aula digitale.
I miei sforzi sono stati sentiti e apprezzati.
I webinar sono stati fonte di uno scambio importante.
La semplicità con cui i partecipanti hanno seguito le regole e la generosità con cui hanno usato i tempi e i modi stabiliti per interagire, mi hanno piacevolmente sorpresa.
Ho capito che tutti abbiamo un po’ di soggezione per lo strumento digitale e che tutti siamo diversamente ascoltatori attivi.
La serietà dei loro feedback per le future edizioni è stato davvero un regalo.
Mi porto via per il futuro la consapevolezza che, anche se da tempo qualcuno lavora in smart working, siamo quasi tutti un po’ principianti nella comunicazione digitale.
E che questa può funzionare perché tutti siamo generosamente disposti ad accettare la non perfezione.